Si attesta a 183.000 tonnellate la produzione italiana dell’annata 2016/17, secondo i dati diffusi dalla Commissione europea sulla campagna che si concluderà ufficialmente in settembre. I numeri sono ben lontani da quelli della Spagna (1.280.000 t), ma sorprende il sorpasso, pur lieve, della Grecia con le sue 194.000 tonnellate di olio.
Il calo italiano rispetta, pur rimanendo quello più accentuato, le riduzioni registrate sia a livello mondiale, dove con 2,5 milioni di tonnellate si è assistito alla perdita del 20% rispetto all’annata precedente, sia dentro ai confini europei, con un abbassamento del 25%. Rispetto al 2015/16, che aveva visto una raccolta di 475.000 t, il calo italiano (-61%) è comunque quello più elevato tra i produttori europei: la Spagna perde il 9%, la Grecia e il Portogallo rispettivamente il 39% e 30%.
L’Italia manterrebbe il terzo posto sulla scena mondiale, ma le produzioni in crescita di altri paesi olivicoli mettono in discussione la posizione futura del nostro Paese. A sottolinearlo è stato Gennaro Sicolo, Presidente del Consorzio Nazionale degli Olivicoltori (Cno) che ha commentato questi dati nell’assemblea del Cno dello scorso 21 giugno tenutasi a Firenze. «Ai numeri elaborati dalla Commissione europea andrebbero aggiunti i dati della Siria, che non sono disponibili ma supererebbero di molto le 200 mila tonnellate. Infatti, il paese medio-orientale ha massicciamente investito nell'olivicoltura professionale, a partire dalla fine degli anni novanta del secolo scorso e poco prima che scoppiasse il conflitto. Ma ci sono altri competitori agguerriti che “minacciano” i primati italiani.- continuan Sicolo - Per esempio, nelle ultime sei annate, la Tunisia, che investe molto nello sviluppo della filiera olivicola, per ben tre volte ha prodotto più olio di oliva rispetto al volume ottenuto dall'Italia nella corrente campagna 2016-2017».
Il declino della filiera olivicola nazionale è attestato inoltre dalle tendenze di lungo periodo in forte calo. Il Cno ha infatti calcolato il tasso di variazione della produzione di olio registrato nelle ultime sei annate (tra la campagna 2010-2011 e il 2015-2016), rispetto al periodo precedente (tra il 2004-2005 ed il 2009-2010): i paesi con tassi di crescita maggiori sono Marocco (+44%), Turchia (+27%) e Spagna (+16%); positivo il bilancio per la Tunisia (+8%), mentre resta negativo quello di Grecia (-22%) e Italia (-31%).
«Si registrano tassi di di crescita produttiva eccezionale, non a caso - ha puntualizzato il Presidente Sicolo - proprio lì dove è in atto una mirata politica di investimenti e prevale un orientamento favorevole verso la tecnologia, l'innovazione e l'impresa. Da noi in Italia, invece, il potenziale produttivo olivicolo indietreggia. Alla base dei cattivi risultati italiani degli ultimi anni ci sono tre principali ragioni: il processo di abbandono della coltivazione, la frammentazione della struttura produttiva ed il mancato ammodernamento del settore».
La chiusura dell’annata con questo record negativo deve essere da stimolo per rilanciare l’olivicoltura italiana con interventi mirati all’innovazione e all’incremento della produzione. «È necessario attuare prima possibile un piano nazionale, articolato a livello regionale e di distretti produttivi, per la riconversione, la ristrutturazione e l'ammodernamento della olivicoltura italiana, anche tramite un processo di razionalizzazione fondiaria. Il settore olivicolo-oleario italiano, per tornare leader mondiale - ha concluso Sicolo - avrà bisogno di più di 150 milioni di nuovi olivi in produzione e almeno 25 mila nuovi addetti che riequilibrino il ricambio generazionale nei campi, ora fermo sotto il 3 per cento».
(fonti: Commissione europea, Cno)