I requisiti di validità dei marchi d’impresa nel settore oleario (l’olio d’oliva appartiene alla classe 29 della Classificazione di Nizza, che contiene le liste dei vari prodotti e servizi suddivisi in classi) non si discostano da quelli dei segni distintivi negli altri settori merceologici: essi sono la novità, la capacità distintiva e la liceità (rispettivamente gli articoli 12, 13 e 14 del Decreto Legislativo del 10.02.2005 n. 30, comunemente definito “Codice della Proprietà Industriale”, qui di seguito “Cpi”, nonché gli articoli 7 e 8 del Regolamento (Ue) n. 2017/1001 del 14 giugno 2017 sul marchio dell’Unione Europea, qui di seguito definito “Rmue”).
Il marchio per l’olio
La peculiarità dei marchi per l’olio d’oliva è quella tipica dei prodotti agroalimentari, che devono necessariamente tener conto della presenza soprattutto in ambito europeo delle Indicazioni Geografiche (qui di seguito “Ig”), siano esse Denominazione di Origine Protetta (Dop) o Indicazione Geografica Protetta (Igp).
Nella scelta del proprio marchio aziendale il produttore, distributore o imbottigliatore di olio di oliva dovrà quindi accertarsi che il segno distintivo da esso prescelto sia non solo fornito di capacità distintiva e lecito, ma anche nuovo rispetto a marchi anteriori di soggetti terzi e a Ig italiane ed estere anteriori valide sul territorio italiano (ed europeo).
Il fattore IG
L’Italia è il paese che nell’Unione Europea ha il numero più elevato di Indicazioni geografiche per olio di oliva. Ci sono 50 IG riconosciute a livello europeo ai sensi del Regolamento (Ue) n. 1151/2012 del 21 novembre 2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari: 42 Dop e 8 Igp (fra le quali ad esempio ci sono “Toscano”, “Sicilia”, “Olio di Puglia” e altre ancora).
È di tutta evidenza che
- il legame con il territorio e i fattori naturali ed umani sono più forti per le Dop,
- mentre nelle Igp la reputazione riveste un ruolo essenziale (lo è anche per le Dop, ma unitamente ad altre componenti).
La strategia nella scelta dei nomi (marchi)
Il primo “step” dovrà essere quello di effettuare ricerche negli appositi “database” europei delle Indicazioni Geografiche (ricordiamo che in virtù di un’articolata procedura Dop e Igp sono oggi riconosciute unicamente a livello europeo e la protezione italiana è solo un passaggio verso la concessione europea, che è da ritenersi esaustiva).
Segnaliamo che il conflitto con Dop e Igp non si esaurisce prendendo in considerazione solo i nomi identici (ossia marchi identici a Dop o Igp anteriori), ma è necessario anche svolgere una complessa valutazione sulla possibile evocazione di Dop e Igp. In altri termini, la tutela di Dop e Igp non copre solo i marchi identici, ma anche quelli evocativi, ossia tali da stabilire un nesso sufficientemente diretto e univoco fra la Dop o Igp in questione e il prodotto contraddistinto dal marchio. Da ciò consegue che la scelta di un marchio deve essere fatta con estrema attenzione. (...)
L’articolo completo sul caso di conflitto fra marchi
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La normativa per Dop e Igp
Ai sensi dell’articolo 5 del Regolamento (UE) n. 1151/2012, definisce le Dop come “un nome, compreso un nome utilizzato tradizionalmente, che identifica un prodotto:
- originario di un luogo, di una regione o, in casi eccezionali, di un paese determinati;
- la cui qualità o le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico ed ai suoi intrinseci fattori naturali e umani;
- e c) le cui fasi di produzione si svolgono nella zona geografica delimitata”.
Diversamente lo stesso articolo 5 del Regolamento in questione definisce le Igp “un nome, compreso un nome usato tradizionalmente, che identifica un prodotto:
- originario di un luogo, di una regione o di un paese determinati;
- alla cui origine geografica sono essenzialmente attribuibili una data qualità; la reputazione o altre caratteristiche;
- e c) la cui produzione si svolge per almeno una delle sue fasi nella zona geografica delimitata”.