Tante volte si sente ripetere che l’ olivicoltura non è soltanto produzione di olive e di olio ma che svolge anche altre funzioni, che devono essere adeguatamente considerate dalle politiche di settore. L’ olivicoltura, infatti, fornisce servizi ambientali e paesaggistici che, in alcuni contesti, diventano addirittura prevalenti rispetto a quelli produttivi. È questo uno dei motivi per cui la filiera olivicolo-olearia è così distinta e particolare rispetto ad altre filiere frutticole o alla viticoltura. In Italia ciò è tanto più vero per la diversità di climi, varietà, storia e tradizioni, che caratterizzano in modo inequivocabile le varie olivicolture locali e si traducono in sistemi produttivi e tecniche di gestione assai diverse, così come è grande la diversità degli oli prodotti. In ogni regione, pertanto, l’olivicoltura rappresenta un marcatore del territorio che, a sua volta, influenza i risultati produttivi sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo.
Per tali ragioni, a partire da questo numero, inizia un appuntamento periodico sui territori olivicoli che contraddistinguono l’olivicoltura italiana in modo da mettere in risalto l’importanza che queste realtà rivestono sul prodotto e sui servizi che forniscono all’intera collettività e, quindi, apprezzabili non soltanto dai consumatori ma da tutti i cittadini. La rubrica, curata da Barbara Alfei e da Giorgio Pannelli, non a caso inizia dalle Marche, la regione da cui, grazie al lavoro di questi autorevoli colleghi e all’impegno dell’Agenzia Servizi Settore Agroalimentare Marche, è partito e si è sviluppato un movimento culturale per la valorizzazione degli oli monovarietali e dei territori olivicoli all’avanguardia a livello internazionale. Ciascun articolo contiene informazioni storiche e agronomiche sulle varietà di olivo e le tecniche di olivicoltura nonché sulla qualità del prodotto finale, riportate in forma facilmente comprensibile in maniera da poter interessare ed orientare non solo i produttori e i tecnici, ma anche operatori del turismo eno-gastronomico o semplici appassionati.
Oltre alle differenze geografiche, l’olivicoltura fornisce tanti spunti che meritano attenzione. Da decenni ormai l’olivo è coltivato in sistemi specializzati, che hanno sostituito quasi completamente l’olivicoltura consociata, cioè quella in cui altre specie vegetali o animali venivano coltivate o allevate. Eppure attualmente vengono proposte soluzioni che, seppure apparentemente in controtendenza, possono costituire il futuro dell’olivicoltura in alcuni contesti. A tale proposito l’articolo di Adolfo Rosati sull’olivicoltura promiscua riprende alcuni concetti dal passato, quali l’impiego di animali domestici per la gestione del suolo nell’oliveto, e fornisce esempi di come queste pratiche colturali possano apportare benefici sia economici che ambientali alla gestione dell’oliveto. È difficile dire quanto queste soluzioni potranno diffondersi, ma di sicuro costituiscono delle alternative in grado di migliorare i risultati aziendali in determinate situazioni. Non un ritorno al passato, ma una conferma che non vi è un unico modo di lavorare e produrre, ma tante possibili alternative. Basta tenere gli occhi aperti e saperle sviluppare.