Più professionalità per la filiera olivicola-olearia

filiera olivicola-olearia professionale
Per Ceq-Italia il comparto ha bisogno di competenze per rilanciare nel futuro la produzione nazionale affrontando al contempo affrontando le sfide del cambiamento climatico, e per rispondere a regole più rigorose in ambito di controlli di qualità e gestione della difesa

Più professionalità in filiera e più incisività sui tavoli negoziali internazionali; questo l’auspicio contenuto nel comunicato rilasciato dal Consorzio di Garanzia dell’olio extravergine (Ceq-Italia). Il Consorzio fa il punto sulle problematiche che dovranno essere affrontate in questo nuovo anno a livello nazionale, con considerazioni e spunti di riflessione emersi durante il webinar organizzato lo scorso 28 dicembre in collaborazione con l’Accademia dell’olivo e dell’olio di Spoleto. I relatori intervenuti, accademici e professionisti, sono stati:

  • Mauro Meloni di Ceq Italia,
  • Riccardo Gucci, Presidente dell’Accademia di Spoleto;
  • Lorenzo Lunetti, dell’azienda Monini;
  • gli accademici Bruno Bagnoli e Maurizio Servili;
  • e gli esperti Ceq, Pasquale Costantino e Francesco Trezza.

Qualità chimica, problemi con alcune norme

Ad avviare i lavori Lorenzo Lunetti, Responsabile Qualità Monini, che ha inquadrato alcuni specifiche criticità che riguardano da vicino la produzione oleicola italiana, quali i parametri di qualità stabiliti dalle norme Coi e Ue.

Esemplare la questione dei metodi e i limiti dei contaminanti minerali alifatici e aromatici, noti come Mosh (idrocarburi saturi di oli minerali) e Moha (idrocarburi aromatici di oli minerali). I limiti sono stati fissati, per ora, a 2mg/kg ma ci sono forti disallineamenti tra i laboratori non essendo disponibile un metodo standardizzato. È una contaminazione, quella degli oli minerali, che molto probabilmente costringerà la filiera olivicola-olearia a riconsiderare talune decisioni in fase di raccolta delle olive, in termini di strumenti e soprattutto di lubrificanti utilizzati, da dove sembrerebbe provenire la contaminazione. Professionalità e sperimentazione, dunque, la chiave per affrontarla.

Da non trascurare anche il limite degli steroli totali, che sta dando problemi su diverse varietà e che potrebbe diventare anche un vincolo per alcune produzioni di oli monovarietali italiani. La gravità di un eventuale mancato rispetto del limite è tale da richiedere un cambio di passo per accelerarne la discussione in capo al Coi.

Infine, è stato segnalato come la recente conversione del delta k in valore assoluto, che oltre a non avere alcun senso scientifico, rischia di mandare fuori norma oli perfetti, per un errore grossolano di calcolo.

L’olivicoltura e la sfida del climate change

I cambiamenti climatici, sotto gli occhi di tutti, aggiungono ulteriori criticità nella gestione futura dell’oliveto, come riportato da Riccardo Gucci. Siamo di fronte ad una fase di transizione climatica che crea una forte incertezza sulla gestione degli uliveti e che incide sulle produzioni a marchio di origine, sulla produttività delle varietà autoctone e sulla fenomenologia dell’ulivo, con una maggiore frequenza; ad esempio, di anticipi anche di 10-15 giorni dell’epoca di fioritura.

Le oscillazioni delle temperature e le precipitazioni anomale, alle quali ci stiamo abituando negli ultimi anni, completano un quadro di sempre maggiore incertezza e ci impongono un approccio in campo più dinamico e flessibile rispetto al passato, anche per gli impatti sulla qualità dell’olio, come la dinamica dell’acido oleico in presenza di innalzamento delle temperature.

Difesa dell’oliveto, nuovi approcci

La stessa difesa dalla mosca, come affermato da Bruno Bagnoli, con le restrizioni e messa al bando di taluni principi attivi, richiede un cambio di target, dalle larve di prima o seconda età agli adulti, che essendo dei volatori reagiscono in maniera completamente diversa e richiedono un cambio di strategia difensiva, mutuando anche nell’olivicoltura integrata molti dei principi adottati nel controllo biologico, quali l’attract & kill o il push and pull.

Più intelligence, più tattica, più professionalità e competenza e, quindi, più formazione, sono le chiavi di operatività dell’agronomo del futuro, che preludono ad un modello produttivo per nulla compatibile con l’olivicoltura hobbistica.

Professionalità in frantoio

Oggi disponiamo di innovazioni tecnologiche di processo che ci consentono di produrre oli extravergine di elevata qualità, dalle elevate proprietà nutrizionali e profili aromatici complessi e ricchi di note di pregio, grazie alla ricchezza di componenti volatili e sostanze fenoliche, ha sottolineato nel suo intervento Maurizio Servili, ma che la normativa merceologica, mai aggiornata, non consente di valorizzare e comunicare ai consumatori.

La tecnologia del freddo è l’ultima frontiera innovativa che i cambiamenti climatici e l’anticipo volontario della raccolta renderanno sempre più centrale nel processo estrattivo del futuro. Oli più fruttati e più complessi quindi, che richiederanno sempre più expertise nella capacità di giudizio da parte dei frantoiani stessi in sede estrattiva e i comitati di assaggio potrebbero svolgere in questo senso un importante ruolo consulenziale per i produttori.

Lo strumento della certificazione Ceq

I dati di mercato sulla qualità degli extravergini alla produzione e sugli scaffali, che il Ceq ha rilevato negli anni e presentato, dimostrano che produrre un olio extravergine di alta qualità, conforme ai requisiti restrittivi del bollino Ceq Italia è possibile e può diventare la via per differenziare le eccellenze italiane nel mondo riaffermando il vissuto storico e universalmente riconosciuto della nostra abilità, oggi sotto forte attacco.

Più professionalità per la filiera olivicola-olearia - Ultima modifica: 2023-01-05T16:45:06+01:00 da Barbara Gamberini

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