Dal presidente Usa, arriva la minaccia di un inasprimento dei dazi di importazione dai paesi membri dell’Ue, e il governo americano comunica una lunga lista di prodotti oggetto del provvedimento: si va da manufatti industriali fino a prodotti agroalimentari particolarmente importanti per l’export italiano come formaggi, vino e olio di oliva. L’aumento dei costi di importazione porterebbe ad un aumento dei prezzi sul mercato americano e una conseguente perdita di competitività.
Secondo i dati Istat elaborati da Ismea (gennaio 2019), gli Stati Uniti rappresentano il 30% dell’export dell’olio italiano sia in volume sia in valore. Gli Usa, infatti, sono il secondo Paese importatore al mondo, alle spalle dell’Italia, con circa 324mila tonnellate ogni anno e un consumo in crescita: dalle 287mila tonnellate del 2012 alle 306mila tonnellate del 2018.
«Se Trump dovesse mettere in pratica quanto minacciato sarebbe un altro durissimo colpo per un settore già in crisi, dopo un’annata disastrosa con un calo record della produzione del 59,2% provocato dagli eventi atmosferici estremi e dalla Xylella – spiega David Granieri, presidente di Unaprol – Gli Stati Uniti sono il principale mercato per l’olio italiano che si è conquistato un importante spazio grazie alla qualità e alla biodiversità. Nuovi dazi favorirebbero le falsificazioni e aprirebbero la strada a Paesi al di fuori dell’Ue con prodotti meno controllati e di qualità inferiore. Una politica di questo tipo non solo è anacronista, ma è paradossale che arrivi proprio dagli Stati Uniti che soltanto 5 mesi fa hanno celebrato l’olio extravergine d’oliva “promuovendolo” a farmaco per prevenire l’infarto e altre malattie del cuore».
La Food and Drugs Administration (FDA) statunitense, infatti, lo scorso novembre ha invitato a indicare sulle confezioni degli oli contenenti almeno il 70% di acido oleico che il loro consumo porta benefici cardiovascolari, quando sostituisce il grasso saturo dannoso per il cuore. «Trump, in pratica, va contro l’agenzia per la salute alimentare degli Usa perché l’olio italiano, tra l’altro ha percentuali di acido oleico ben superiori al livello indicato dall’FDA – conclude David Granieri – Purtroppo ci troviamo a combattere non solo contro frodi, contraffazioni e speculazioni, ma anche contro gli attacchi di Paesi che adottano politiche fiscali punitive o sistemi di etichettatura a semaforo fuorvianti e penalizzanti per i consumatori».