La campagna olivicola-olearia 2024-2025 ha aperto ufficialmente i battenti e le prime stime produttive, secondo elaborazioni di Ismea, indicano un aumento dei volumi di olio. Pur con tutta la cautela, tenendo conto che la campagna è appena iniziata, la stima dei 3,1 milioni di tonnellate collocherebbe i volumi della campagna sostanzialmente in linea con la media delle sei campagne precedenti, che comunque risentono della scarsità delle ultime due.
Spagna, produzione di olio in aumento
Le prime stime provenienti da Madrid si attestano tra 1,3 e 1,4 milioni di tonnellate che, dopo due annate pessime a causa della siccità, riportano i volumi iberici quasi nella normalità.
Per quasi tutti i principali competitor, comunque, la campagna che prenderà avvio il primo di ottobre, sembra essere più abbondante della precedente a partire dalla Turchia che potrebbe arrivare a 340 mila tonnellate. Molto positive le aspettative anche per Tunisia e Grecia, mentre per il Portogallo è stimata una sostanziale stabilità.
Italia in calo
Unico dei grandi Paesi produttori in controtendenza è proprio l’Italia per la quale le stime di Ismea in collaborazione con Unaprol collocano i volumi poco al di sopra delle 220 mila tonnellate, in flessione del 32% rispetto alla campagna precedente. Pur essendo ancora le prime stime, passibili quindi di aggiornamento e affinamento man mano che saranno disponibili informazioni sulle frangiture e quindi sulle rese, tale volume collocherebbe l’Italia addirittura al quinto posto nel ranking mondiale, posto che vengano confermate anche le previsioni per gli alti Paesi competitor.
Tab. 1 - I principali Paesi produttori di olio di oliva (migliaia di tonnellate) | |||
2023/2024 | 2024/2025* | Var (%) | |
Spagna | 853 | 1.350 | 58,30 |
Turchia | 210 | 340 | 61,90 |
Tunisia | 200 | 315 | 57,50 |
Grecia | 155 | 250 | 61,30 |
Italia | 328 | 224 | 32,00 |
Portogallo | 158 | 160 | 1,30 |
Mondo | 2.512 | 3.100 | 23,00 |
Fonte: Coi e Commissione UE - *Stime |
Campagna produttiva italiana 2024/25
Si scontano i problemi legati alla siccità che esasperano in negativo la naturale alternanza che ormai è tornata ad essere particolarmente incisiva. Scendendo nel dettaglio delle singole aree del Paese si delinea:
- un recupero importante nelle regioni del Nord, +75% rispetto a un 2023 deficitario
- a cui si aggiunge il +70% del Centro dove, comunque, i produttori si sono attivati tempestivamente appena le temperature autunnali si sono abbassate e la presenza di umidità ha fatto temere attacchi di mosca olearia.
Puglia, dimezzata la produzione rispetto al 2023-2024
Il recupero del Centro-Nord non serve minimamente a compensare la perdita nelle regioni del Sud (-41%) determinata essenzialmente dalla Puglia dove le prime stime collocano la produzione intorno alla metà rispetto alla campagna precedente. Il calo produttivo nella regione olivicola più importante d’Italia era prevedibile sin dalle prime battute con la fioritura e l’allegagione abbastanza scarse a causa dell’alternanza che è stata esasperata da un andamento meteo-climatico non favorevole. Le poche piogge estive e le alte temperature hanno causato stress idrico alle piante che hanno trovato sollievo con le precipitazioni di settembre che, puntuali, hanno alzato l’allerta mosca.
In flessione anche Calabria e Sicilia
In flessione anche le stime per Calabria e Sicilia, ma con un’intensità inferiore rispetto alla Puglia.
- In Calabria la prolungata assenza di precipitazioni ha accentuato lo stress idrico delle piante, con conseguente riduzione della vigoria vegetativa e della fruttificazione. Si è registrata, inoltre, una caduta precoce delle olive, soprattutto nei frutteti più giovani o meno vigorosi.
- In Sicilia la fioritura e l’allegagione sono state buone, ma una parte della produzione si è persa per il fenomeno della cascola dei frutticini nel mese di giugno e parte di luglio. La siccità di agosto ha ridotto ulteriormente le aspettative, e le prime indicazioni attestano le rese al 12% ma sono ancora le primissime frangiture.
L’andamento incerto del mercato
L’eccesiva variabilità della produzione italiana, che va oltre la normale alternanza, induce ad una riflessione anche sulle dinamiche di domanda e offerta. Gli imbottigliatori si trovano a fare i conti con una disponibilità di prodotto nazionale sempre più incerta con le conseguenti ricadute in tema di programmazione degli approvvigionamenti. Questo si somma a monte con le difficoltà dei produttori e a valle con quelle dei consumatori finali che in due anni hanno visto praticamente raddoppiare i prezzi del prodotto soprattutto nei canali della Gdo.
Mercato estero dell'olio evo
In tema di prezzi alla produzione con l’inizio della nuova campagna, ma la tendenza era evidente anche dall’estate, si nota una flessione dei prezzi dell’evo spagnolo a fronte di maggior tenuta di quello italiano.
A ottobre le quotazioni iberiche sono scese a 7,14 euro al chilo, in linea con quelle greche mentre in Tunisia restano intorno ai 7,38 euro al chilo. Pur restando livelli elevati sono decisamente inferiori a quelli dell’inverno o della primavera scorsa.
Extravergine italiano, listini stabili
Anche in questo caso l’Italia si differenzia. I listini dell’evo sono sì in lieve flessione ma restano stabilmente sopra i 9 euro al chilo con il Nord della Puglia che a ottobre quota mediamente 9,15 euro al chilo, mentre nel Sud della regione si è scesi a 8,5 euro al chilo. Il mercato si è spostato poco, invece, in Calabria e Sicilia nonostante l’avvio ufficiale della nuova campagna e l’apertura dei frantoi.
Da notare, comunque, che il gap tra il prezzo medio dell’olio italiano è tornato a essere il 30% superiore a quello spagnolo, mentre nel momento di massima espansione di questi ultimi due anni se era ridotto al 7%.
Olio lampante in discesa
Intanto anche le quotazioni del lampante tornano a scendere trascinate dal prodotto spagnolo. Questa dei prezzi è una partita decisiva per il settore soprattutto dopo due anni di rialzi e di livelli assoluti mai visti in precedenza. È vero, infatti, che la produzione mondiale sembra più elevata delle due annate precedenti, ma c’è anche da fare i conti con delle giacenze, almeno nella Ue, molto basse e questo influisce sulle disponibilità totali. Sarà molto interessante, quindi, monitorare il proseguo del mercato.
Italia, esportazioni in crescita, importazioni in calo
Le disponibilità saranno fondamentali anche per la ripresa mondiale degli scambi internazionali. Intanto, riportando l’analisi all’Italia, elaborazioni Ismea su dati Istat indicano che nei primi sette mesi del 2024, l’export italiano è cresciuto del 7% in volume a fronte di un +61 in valore che ha superato 1,9 miliardi di euro. Di contro, le importazioni in quantità sono scese del 15% con una spesa in aumento del 32%. Da notare che il disavanzo della bilancia commerciale è sceso a soli 14 milioni di euro.
Decisamente positivi gli invii negli Usa, primo Paese cliente italiano con il 29 % dei volumi e il 31% degli introiti, che nei primi 7 mesi dell’anno hanno segnato un +7% nei volumi a cui si affianca il +61% degli introiti.
Tra i Paesi fornitori si è assistito al deciso recupero della Spagna del ruolo di Paese leader tra i fornitori con 151 mila tonnellate (+42%) per un controvalore di 1,16 miliardi più del doppio rispetto ai primi sette mesi dello scorso anno. Balzo in avanti anche della Tunisia che con 40 mila tonnellate (+57%) si colloca al secondo posto, superando la Grecia che resta poco al di sotto della soglia delle 40 mila tonnellate (-72%).
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