Nonostante la Xylella abbia causato nel Salento la perdita di 5.000 posti di lavoro e il netto calo della produzione di olio d’oliva (-80% nell’annata 2021), la metà delle risorse stanziate per la rigenerazione olivicola resta al palo. Consola, tuttavia, che l’avanzata del batterio, grazie anche agli interventi degli agricoltori volti a frenarne la diffusione, stia in effetti rallentando rispetto agli anni scorsi. È quanto ha evidenziato Unaprol durante la sessione di Evootrends dedicata al grave problema fitosanitario che ormai dal 2013 affligge l’olivicoltura pugliese e italiana.
Granieri a Evootrends: «Per Xylella spese metà risorse»
«A distanza di 18 mesi dalla pubblicazione del Decreto interministeriale del 6 febbraio 2020, noto come “Piano straordinario per la rigenerazione olivicola della Puglia” e finanziato con 300 milioni di euro, devono essere ancora spesi 134 milioni di euro – ha ricordato il presidente di Unaprol, David Granieri –. Finora sono state stanziate risorse destinate soprattutto alle calamità, mentre sono rimasti inattuati gli interventi che avrebbero dovuto consentire agli agricoltori di ricominciare a lavorare e a produrre.
In particolare, è stato finanziato solo il 6% delle istanze di espianto e reimpianto, cioè 521 domande e 23 progetti collettivi, con risorse pari a 40 milioni di euro, a fronte di una richiesta complessiva per 216 milioni di euro. La spesa relativa alla misura “Salva Frantoi”, invece, ammonta a 6 milioni di euro su una disponibilità complessiva di 35 milioni, a causa dei requisiti di accesso che non consentono alle strutture dismesse, vendute all’estero, di poter ripartire».
La Xylella, ha concluso Granieri a Evootrends, va trattata alla stregua di un terremoto per le gravissime ripercussioni di natura produttiva, ambientale, economica e lavorativa. «Occorre rendere i procedimenti fluidi e fruibili, perché il rilancio del polmone olivicolo nazionale è essenziale per la crescita di tutta l’olivicoltura italiana».
Boscia: «Xylella rallenta, ma c’è poco da essere ottimisti»
Nel 2013 la nuova fitopatia, quando venne segnalata e denominata Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo (CoDiRO), occupava una superficie di 8.000 ettari, ha ricordato a Evootrends Donato Boscia, dirigente di ricerca dell’Istituto per la protezione sostenibile delle piante (Ipsp) del Cnr di Bari.
«Attualmente, però, l’area demarcata come zona infetta da Xylella è una superficie ampia 100 volte più di quella interessata nel 2013, cioè 8.000 km², lunga 160 km, dei quali circa 110 km, da prima di Brindisi a Santa Maria di Leuca, sono completamente devastati dal batterio, e comprendente circa 25 milioni di olivi (il 42% dei 60 milioni di olivi presenti in Puglia).
A fine 2017 ricercatori del Joint Research Centre hanno stimato, utilizzando immagini satellitari, che circa 6,5 milioni di olivi presentavano sintomi severi (oltre il 50% della chioma disseccata), con tendenza in rapida crescita. A maggio 2021, secondo dati del Dipartimento Agricoltura della Regione Puglia, erano state presentate domande di abbattimento per 3,5 milioni di olivi (con trend in crescita per 6 milioni di olivi da abbattere), mentre 730mila olivi erano già stati abbattuti e sostituiti con altrettanti delle cultivar Leccino o Fs-17».
Leccino e Fs-17, germoplasma resistente al batterio
In situazioni simili la storia della fitopatologia insegna che una via da perseguire è individuare germoplasma resistente al batterio Xylella, ha sostenuto Boscia a Evootrends. «Così è stato, ad esempio, per la fillossera della vite, così si cerca di fare negli Stati Uniti verso un’altra subspecie di Xylella che colpisce la vite. Così si è arrivati a scoprire la resistenza di Leccino e Fs-17 a X. fastidiosa subsp. pauca ceppo ST53, che è possibile impiantare in zona infetta. Per queste due cultivar non si fa riferimento a una condizione di “immunità” ma di “resistenza” alla replicazione della popolazione batterica nella pianta, rappresentata, in olivi infetti di queste due cultivar, da una popolazione batterica ridotta correlata a sintomi più lievi. Mancano però osservazioni di lungo periodo che confermino la tenuta della “resistenza” nel tempo. Così come mancano dati comparativi di produttività fra piante sane e infette di Leccino e Fs-17. Restano da investigare e comprendere i meccanismi che regolano la risposta alle infezioni delle diverse varietà e quindi i determinanti genetici della “resistenza” in olivo. Ciò dovrebbe invitare alla cautela verso grossi programmi di impianto».
Deroga al divieto di impianto in zona infetta
Dopo la deroga al divieto di impianto in zona infetta per Leccino e Fs-17, lo scorso agosto è arrivata la deroga anche per specie con caratteri di resistenza (mandorlo, ciliegio) o immuni (agrumi, pesco, susino, albicocco) alla subsp. pauca. «Ma, attenzione, le piante delle cultivar di olivo che presentano caratteri di resistenza si infettano comunque. Abbiamo visto olivi di Leccino e Fs-17 in asciutto con notevole presenza di disseccamenti. Perciò, dove c’è presenza di Xylella, la loro gestione non può essere superficiale, in asciutto e senza potature, ma deve essere condotta in irriguo e con potature regolari».
Finora non individuate altre cultivar di olivo resistenti
Finora, ha poi sottolineato Boscia a Evootrends, la ricerca su Xylella non ha individuato altre cultivar di olivo resistenti a X. fastidiosa subsp. pauca, facendo allentare l’ottimismo dei primi tempi. «Nessuna delle pur numerose cultivar esposte in pieno campo a circa cinque anni di pressione naturale di inoculo è risultata immune. Alcune cultivar sembrano avere promettenti caratteri di resistenza/tolleranza, tuttavia nessuna di esse performa meglio del benchmark del test (Leccino). I dati ottenuti finora hanno ridimensionato il nostro iniziale ottimismo. La presenza di caratteri di resistenza a X. fastidiosa subsp. pauca sembra essere molto limitata nel germoplasma dell’olivo. La disponibilità di un numero significativo di cultivar resistenti richiederà probabilmente tempi lunghi: le migliori prospettive sembrano venire dalla ricerca di semenzali spontanei che però richiede tempi ancora più lunghi».