Lebbra dell’olivo o antracnosi, la difesa ecosostenibile

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Tipico sintomo di antracnosi o lebbra dell'olivo: drupe mature con esteso marciume.
Nel controllo della lebbra dell’olivo (o antracnosi) contano soprattutto le azioni preventive, la scelta di varietà tolleranti e l’applicazione di buone pratiche agronomiche. Sul fronte chimico il rame resta, al momento, l’opzione più efficace

L’antracnosi, o lebbra dell’olivo, si caratterizza per il tipico marciume molle e la mummificazione delle drupe che compaiono in autunno. Inizialmente sui frutti, ancora verdi, l’infezione si manifesta con aree rotondeggianti, brune e marcescenti localizzate sulla parte distale (foto in apertura).

In condizioni di elevata umidità relativa e temperature miti, sulle drupe mature si possono osservare, emergenti dagli acervuli, ammassi di conidi dall’aspetto gelatinoso e dal colore rosato che, trasportati dalla pioggia e/o vettori (Bactrocera oleae Rossi), diffondono la malattia. Le drupe infette cadono a terra e solo poche, mummificate per mutate condizioni igrometriche, restano attaccate alla pianta costituendo una fonte d’inoculo per la stagione successiva.

La malattia si caratterizza anche per altri sintomi, a carico della vegetazione, che compaiono in primavere miti e piovose, determinando infezioni fiorali, del pedicello del frutto, clorosi e necrosi fogliari che proseguono in estate causando defogliazione e seccumi di rami e rametti. Tutti questi organi infetti sono fonte d’inoculo per le infezioni autunnali.

In presenza di gravi epidemie, notevoli sono le perdite produttive in termini quanti-qualitativi, venendo compromessa la qualità dell’olio che assume una colorazione rossastra, elevata acidità, riduzione di polifenoli,  α-tocoferolo e β–sitosterolo (Carvalho et al., 2008; Moral et al., 2014).

Strategie di lotta: prevenzione

Gli studi condotti sull’antracnosi dell’olivo, nell’ultimo ventennio, hanno permesso di aggiornare e perfezionare le conoscenze su alcuni aspetti del ciclo biologico del patogeno come pure su altri fattori (agronomici, varietali, modificazioni e fluttuazioni climatiche, ecc.) che poi hanno rilevanti ripercussioni sullo sviluppo di strategie di lotta. (…)

La difesa dell’antracnosi risulta, ancora oggi, come anche quella di altre fitopatie dell’olivo (occhio di pavone, rogna, verticilliosi), fortemente legata alla prevenzione e all’applicazione di mezzi agronomici, chimici e biologici, ognuno dei quali, individualmente, non consente un efficace contenimento dell’avversità, specialmente nelle zone a più elevato rischio epidemico.

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Strategie di difesa contro l'antracnosi dell'olivo

In generale, tra le pratiche colturali, la potatura ha una rilevanza maggiore nel contenere la malattia poiché, con la rimozione e la bruciatura di rami e rametti infetti, riduce la carica d’inoculo del patogeno e, al contempo, favorendo areazione, minore umidità e maggiore penetrazione della luce solare nella vegetazione, crea condizioni sfavorevoli al verificarsi delle infezioni. Concimazioni equilibrate e, ove possibile, adeguate irrigazioni, incidono sul mantenimento di un sano stato vegetativo delle piante. Non ultimo per importanza, l’uso di varietà resistenti è uno dei mezzi agronomici più economico ed ecosostenibile sebbene possa essere attuato solo nel caso di nuovi impianti o nel recupero di vecchi oliveti.

Tra gli studi per la selezione di varietà resistenti all’antracnosi, una recente ricerca di Moral e coll. (2017), condotta in campo su 308 varietà di olivo, durante un decennio con tre annate in condizioni di alto rischio epidemico, ha evidenziato come Frantoio, Dolge Agogia, Pendolino e Leccino siano risultate resistenti.

Tuttavia dalle ricerche non sempre emergono risposte concordanti su suscettibilità/ resistenza delle varietà a conferma della necessità di predisporre accurati ed omogenei protocolli di selezione che tengano conto della identità delle popolazioni del patogeno, in termini di prevalenza e virulenza, della variabilità delle condizioni ambientali e dell’ospite (stesso stadio vegetativo e/o di maturazione delle drupe), affinché i risultati siano confrontabili.

La scelta di varietà resistenti, quando disponibili, deve, comunque, tener conto della situazione locale in cui si opera e, di conseguenza, anche delle altre fitopatie dell’olivo.

A titolo esemplificativo, tra le varietà italiane, Frantoio è risultato altamente resistente all’antracnosi, ma è anche suscettibile alla rogna, moderatamente suscettibile all’occhio di pavone e sensibile al freddo e alle gelate primaverili. È chiaro, quindi, che nella gestione della difesa dell’olivo, incidenza e gravità delle avversità più rilevanti, in un determinato areale, devono essere adeguatamente valutate e considerate con la necessaria attenzione.

Rame e possibili trattamenti alternativi

Tra i mezzi chimici, nella lotta integrata e biologica, i prodotti rameici sono, ancora oggi, insostituibili nella prevenzione delle infezioni di rametti, fiori e frutticini (primavera) e drupe mature (autunno). L’efficacia di questi trattamenti (2-3 per stagione) è però fortemente influenzata dalle condizioni ambientali, per il dilavamento del fungicida a causa delle piogge, dalla suscettibilità/resistenza delle varietà e dall’entità dell’inoculo del patogeno.

Inoltre, nell’utilizzo del rame incidono alcuni aspetti eco-tossicologici (riduzione della biomassa del suolo e potenziale influenza sui processi fi sici e chimici), con il risultato che, attualmente, l’uso del rame è legato ad ulteriori restrizioni (4 kg di rame/ettaro per anno) dovute alle normative europee (Reg. Ue 2018/1981) e nazionali (Comunicati Ministero della Salute 31/01/2019 e 07/03/2019). Le innovative soluzioni tecnologiche possedute dai più recenti formulati rameici sono, però, un valido aiuto nell’esigenza di conciliare il numero dei trattamenti e il quantitativo di ione cuprico.

La necessità di trovare alternative chimiche all’impiego del rame, valide però solo in difesa integrata, hanno condotto all’autorizzazione temporanea di fungicidi appartenenti agli analoghi delle strobilurine.

In Italia, dal 2011, il Ministero della Salute ha autorizzato un’unica applicazione estiva con pyraclostrobin, ma questo trattamento è risultato inefficace contro l’antracnosi in oliveti calabresi (Cacciola et al., 2012). Successivamente è stata autorizzata, sempre per una sola applicazione, la miscela a base di trifloxistrobin e tebuconazolo. Prove condotte in campo, nel 2014-2015 sulle varietà Ottobratica (altamente suscettibile) e Carolea (suscettibile), con questo formulato associato ad ossicloruro di rame, hanno significativamente ridotto l’incidenza della malattia, evidenziando la soddisfacente attività della miscela sulle infezioni primarie e secondarie e il rispetto, nell’olio extravergine di oliva, del livello massimo di residui dei due principi attivi di sintesi, risultato ben al di sotto degli LMR europei (Vizzarri et al., 2019).

Infine, recentemente, è stata valutata in prove in vitro la capacità di biocontrollo di popolazioni fungine epifitiche ed endofitiche, isolate dalla fillosfera di olivo, nei confronti di C. acutatum (Preto et al., 2017).

Nella ricerca di alternative eco-compatibili al rame, Pangallo e coll. (2017), hanno ottenuto una significativa protezione contro l’antracnosi, in condizioni naturali dell’Italia meridionale, con due trattamenti a base di estratto di melograno applicati subito dopo la comparsa delle prime drupe infette. Tuttavia la messa a punto di nuove soluzioni ecosostenibili che possano validamente sostituire, in condizioni epidemiche gravi, l’impiego del rame e/o dei fungicidi di sintesi è ancora lunga.


Leggi l’articolo su Olivo e Olio n. 4/2020

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Lebbra dell’olivo o antracnosi, la difesa ecosostenibile - Ultima modifica: 2020-09-04T09:00:31+02:00 da Barbara Gamberini

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