Di fronte alla nuova annata già si avviano i lavori di organizzazione e programmazione per la gestione dell’oliveto. Tra gli aspetti che più necessitano di attenzione vi sono ovviamente quelli fitosanitari, anche perché negli ultimi anni molte cose sono cambiate. La comparsa di nuove problematiche o la recrudescenza di avversità dell’olivo un tempo considerate minori, la riduzione delle possibilità di controllo autorizzate dalla normativa, per non parlare, nei territori interessati, del rischio derivato dalla diffusione di Xylella fastidiosa: uno scenario complesso e in continua evoluzione in cui gli olivicoltori italiani possono usufruire però di aggiornamenti e supporto offerto dai servizi fitosanitari regionali o locali. I tecnici di questi enti sono stati i relatori di un recente incontro organizzato da Aipp intitolato “Il bilancio fitosanitario dell’olivo”, occasione in cui sono state riportate le principali problematiche osservate nel biennio 2020-21 e le soluzioni attualmente disponibili per il controllo di patogeni e fitofagi dell’olivo.
Problematiche nel Centro-Nord
Le cosiddette avversità emergenti hanno, in qualche caso in modo incisivo, condizionato la produzione delle aree olivicole dell’Italia centro-settentrionale. Ad esempio, particolari sintomi di cancri rameali sono stati osservati nelle aree olivicole del Veneto, che si sviluppano a carico di fusto e rami nei tessuti sottocorticali, con necrosi della corteccia e del cambio. Visivamente si osservano delle depressioni sulla superficie, che evolvono in fenditure e talora in ipertrofie fino ad interessare tutta la circonferenza provocando il disseccamento del ramo. Il patogeno responsabile sembra essere il fungo Neofusicoccum parvum (famiglia Botryosphaeriaceae); le azioni di contrasto, al momento avviate a livello sperimentale, evidenziano una certa efficacia, sul medio periodo, di principi attivi disponibili per il controllo dell’occhio di pavone.
Altro quadro sintomatico del tutto eccezionale è quello della cosiddetta “cascola verde”, fenomeno emerso nel 2017 nella pedemontana veneta che ha poi progressivamente interessato diverse aree del nord Italia, in particolare in Lombardia. Si tratta di una caduta anomala dei frutti ancora verdi, talora di frutti che presentano macchie necrotiche. Il possibile agente eziologico, è stato identificato con il fungo ascomicete Notophoma quercina. Ad oggi non sono ancora disponibili indicazioni di controllo, ed è ancora da chiarire l’eventuale associazione del fungo con la cimice asiatica (Halyomorpha halys).
Proprio H. halys è una tra le principali avversità emergenti, che al momento sembra interessare solo le aree settentrionali e in parte centrali. I monitoraggi effettuati nella provincia di Trento e in Friuli-Venezia Giulia negli ultimi tre anni hanno evidenziato dinamiche diverse secondo l’annata. La presenza e i danni sull’olivo dovuti all’insetto sono stati elevati nel 2019, mentre nel 2021 una forte infestazione è stata vista solo nella provincia di Trieste. In merito alla progressiva estensione verso sud della presenza di H. halys, i monitoraggi effettuati in Toscana nello scorso biennio hanno evidenziato la presenza dell’insetto negli oliveti, ma non si sono osservati danni sulla coltura.
Cecidomia ed Euzophera
Cresce anche la rilevanza della cecidomia fogliare, di cui ad oggi sono stati registrati focolai in Veneto, Liguria, Marche e Toscana. Essendo una problematica riemersa solo negli ultimi anni e in areali limitati, le strategie per il suo controllo non sono ancora assodate, come del resto non sono ancora state chiarite le cause dei focolai osservati e alcune criticità legate alla bioecologia dell’insetto. Appare chiaro che la definizione delle soglie di danno debba includere anche la valutazione dei fattori di contenimento della popolazione di D. oleae ed in particolare della percentuale di larve parassitizzate da parte di imenotteri parassitoidi presenti nell’oliveto, così come fatto sperimentalmente in Toscana.
Altro fitofago rilevante in alcuni areali è l’Euzophera pinguis. L’insetto provoca danni alle strutture legnose dell’albero: ovidepone in presenza di ferite pregresse (anche già infettate dalla rogna), e la larva compie tutto il suo sviluppo a carico dei tessuti tra legno e corteccia, distruggendo la funzionalità del ramo. Negli ultimi anni l’insetto è stato rilevato negli oliveti del Trentino, Liguria e Lombardia, ed in quest’ultima i danni sono stati ingenti anche nel 2021. A livello sperimentale si è ricorso alla rimozione e bruciatura delle porzioni infestate, all’uso di funghi entomopatogeni e a trappole a feromoni, con risultati ancora tutti da valutare.
Una segnalazione peculiare arriva sempre dalla Liguria, dove lo scorso anno è stata osservata una abnorme pullulazione del rincote Ricania speculum, senza tuttavia osservare un corrispondente danno agli oliveti.
Il punto sulla mosca dell’olivo
L’incontro organizzato da Aipp ha anche avuto la funzione di fare il punto sulla problematica chiave, cioè quella della mosca dell’olivo, che per impatto economico assume una grande rilevanza soprattutto nelle regioni meridionali.
Qui, nelle ultime due annate le infestazioni sono state basse se non assenti, essenzialmente a causa delle alte temperature estive che hanno frenato la crescita delle popolazioni, e della ridotta disponibilità idrica, la quale indirettamente diminuisce la dimensione delle drupe e le rende meno ricettive per l’ovideposizione. Vi sono alcune eccezioni, ad esempio in Sardegna la scarsa produzione 2021 ha portato una infestazione dacica anche superiore al 10-15% nel periodo estivo-autunnale, rendendo necessari 2-3 trattamenti larvicidi secondo le diverse aree.
Interessanti le considerazioni generali emerse in tema di strategie di controllo, oggi condizionate da diverse criticità: l’eliminazione del dimetoato ha messo in crisi alcune aziende che devono riorganizzare la programmazione, ma anche a livello territoriale manca ancora una piena consapevolezza dell’utilità dei mezzi utilizzabili. I principi cardine che devono essere integrati nella definizione e applicazione delle strategie di controllo di B. oleae sono gli interventi che favoriscono l’entomofauna utile, i mezzi adulticidi (ad esempio cattura massale, attract and kill, esche proteiche attivate) e quelli larvicidi.
Dei prodotti oggi disponibili per il controllo larvicida il Phosmet è oggetto di un imminente ritiro (potrà essere utilizzato fino al 1° novembre 2022); l’Acetamiprid mostra degli evidenti limiti dovuti ai residui nell’olio, alla scarsa sistemia e all’efficacia limitata alla larva di prima età. Il principio attivo Flupyradifurone, autorizzato di recente per l’utilizzo contro la mosca dell’olivo, appare efficace anche su larve di seconda età.
La scelta dei principi attivi larvicidi rimane comunque piuttosto scarsa e la loro efficacia più limitata rispetto a quella del dimetoato, rendendo i trattamenti larvicidi solo uno dei tasselli della strategia di controllo e non il pilastro fondamentale, che oggi invece risiede nei mezzi preventivi.
Un aspetto preoccupante emerso nell’incontro è quello della relativa diffusione dell’impiego dei piretroidi con applicazioni a piena chioma: si tratta di una applicazione inefficiente nel colpire gli adulti e con nessun effetto contro le larve. Tuttavia questo impiego causa gravi squilibri all’entomofauna dell’oliveto, come testimoniato dai crescenti casi di danni sui frutti provocati da acari, rilevati da diversi tecnici fitosanitari. L’uso corretto di questi principi attivi, ed in particolare della deltametrina, è da considerare solo in combinazione con esche attrattive.
Xylella, i punti ancora critici
Si è fatto infine il punto sull’epidemia di Xylella fastidiosa. Nel 2021, i campionamenti nella zona oggetto di monitoraggio hanno fatto rilevare 146 piante affette dal batterio, tutte già sottoposte alle misure di eradicazione. Nonostante gli sforzi, l’avanzare del batterio prosegue, ma con una velocità del tutto ridotta rispetto ai primi anni, indicando probabilmente un certo effetto di tutte le misure messe in atto in Puglia: lotta ai vettori, attività di sorveglianza, estirpazione delle piante malate anche nella zona di ex-contenimento, importante per ridurre la fonte di inoculo, insieme con i reimpianti di varietà tolleranti. Le criticità che persistono sono, oltre, ovviamente, all’assenza di un metodo di cura, la necessità di uno strumento validato di diagnosi precoce in campo, la mancata ottemperanza alle misure obbligatorie, almeno in alcune zone, e, infine la mancanza di principi attivi per il controllo dei vettori utilizzabili in agricoltura biologica.
Leggi l’articolo su Olivo e Olio n. 2/2022
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