Dal Coronavirus all’epidemia di Xylella

coronavirus e xylella
Dal Covid 19 all'epidemia di Xylella ; una riflessione sulle risposte alle emergenze sanitarie (e fitosanitarie) nell'editoriale del nuovo numero di Olivo e Olio

Di cosa si può scrivere se non di epidemie in tempi di emergenza sanitaria? Ciascuno confinato a casa propria, divenuta rifugio e prigione, segue l’evolversi della situazione in questo drammatico periodo, unico come esperienza di vita per le generazioni nate dal dopoguerra in poi.

Di fronte ad un virus venuto da lontano, nuovo, aggressivo, che si diffonde facilmente, in assenza di cure collaudate e vaccini ci si può proteggere solo con l’igiene, il distanziamento e l’isolamento delle persone. È quello che si è fatto e si sta facendo in Italia.

Il Coronavirus ha colto tutti di sorpresa, il pericolo è stato sottovalutato in tutti i paesi, ma gli italiani si sono comportati egregiamente per senso civico e generosità, accettando con responsabilità le decisioni governative. Le misure adottate dalla classe politica sono scaturite da consultazioni con comitati di esperti che hanno ampiamente spiegato perché non c’erano alternative immediate alle restrizioni imposte alle attività produttive e alla cittadinanza. Intorno a ciascuno di noi e alle nostre famiglie è calato, volente o nolente, un cordone sanitario per fermare la progressione del contagio.

L’olivicoltura italiana sa bene cos’è un’epidemia.

Dall’ottobre 2013 la batteriosi da Xylella fastidiosa, subsp. pauca ceppo ST53, ha falcidiato il Salento e insidiato le province confinanti. Anche in questo caso l’agente è venuto da lontano, letale e sconosciuto per gli effetti sull’olivo, con cui non era entrato in contatto nel suo areale di origine.

Anche in questo caso un salto di specie, questa volta vegetale. Il risultato lo conosciamo: milioni di olivi uccisi in poco tempo, l’olivicoltura e il paesaggio salentini devastati. Anche in questo caso furono consultati esperti e scienziati, che non avendo cure o rimedi pronti, suggerirono l’eradicamento delle piante infette e di quelle limitrofe e un cordone sanitario che isolasse completamente la zona infetta che all’epoca della prima diagnosi fu stimata in circa 8000 ettari nell’areale di Gallipoli.

Le misure furono prese con un certo ritardo nel 2015 (il piano Silletti), e per gran parte vanificate da ulteriori ritardi nell’attuazione per via di polemiche, proteste, disinformazione, ricorsi. Al disastro della moria di olivi si aggiunsero i danni prodotti da un clima di sospetto e sfiducia, fantasie di complotti internazionali, opinioni di autorevoli incompetenti, che confusero l’opinione pubblica e chi doveva prendere le decisioni. Non ci furono applausi per i ricercatori che tentavano di trovare delle soluzioni, ma spesso attacchi e insulti.

Sul piano giudiziario il commissario straordinario e nove dei ricercatori in prima linea nella lotta contro il batterio furono indagati dalla Procura di Lecce per diffusione colposa di malattia vegetale, inquinamento ambientale ed altri capi di accusa, tutti rivelatisi infondati. Nel frattempo, il fronte infetto è avanzato alla velocità di circa 20 km all’anno ed oggi lambisce la provincia di Bari e si addentra in quelle di Brindisi e di Taranto.

C’è una lezione da imparare. Col tempo molti hanno capito, e forse ancora di più oggi nell’era del Coronavirus, che la scienza non ha soluzioni pronte per tutto. I ricercatori si esprimono su dati certi. Quando non sanno possono formulare ipotesi, che poi però devono essere rigorosamente verificate o confutate secondo i criteri del metodo scientifico. Ciò richiede tempo, lavoro, risorse umane e strumentali, che non si improvvisano.

Per prevenire o trovarsi pronti quando si presentano le emergenze bisogna mantenere attivi e funzionanti i centri di ricerca e i servizi tecnici sul territorio, alimentando strutture e competenze. Lo si è capito per quanto riguarda le terapie intensive e i vaccini, speriamo che lo si comprenda anche per i servizi fito-sanitari, tanto per fare un esempio.

La lotta contro il batterio non è finita e guai ad abbassare la guardia. Ormai impossibile da eradicare nella Puglia meridionale bisogna impedirne l’ulteriore espansione. Ed imparare a conviverci cercando di non ripetere gli errori del passato. Come con il Covid-19 in Fase 2.

Leggi l’articolo su Olivo e Olio n. 3/2020

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Dal Coronavirus all’epidemia di Xylella - Ultima modifica: 2020-05-25T12:45:26+02:00 da Barbara Gamberini

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