L’olivicoltura biologica da mensa è sicuramente una frontiera dell’agricoltura biologica, in quanto considerata quasi irraggiungibile dalla maggioranza di olivicoltori e operatori della trasformazione dei più importanti distretti olivicoli da mensa italiani; diffusa è anche la convinzione che, seppure realizzabile, sia economicamente non conveniente rispetto alla produzione convenzionale.
Molte di queste posizioni sono condizionate dal mercato di riferimento, ma con l’attuale diversificazione dei mercati che include anche nicchie di notevole interesse economico per i piccoli produttori moderni, quali le vendite via web, si possono aprire diverse prospettive ed è necessario approfondire quali metodologie e mezzi di difesa dai fitofagi e dalle fitopatie sono disponibili per l’olivicoltura biologica da mensa.
Ma quali sono i principali problemi da risolvere quando si passa dall’olivicoltura da mensa convenzionale a quella in regime biologico?
Per quanto riguarda il controllo degli organismi patogeni non vi sono particolari difficoltà perché sono tuttora ammessi i composti del rame, anche se esistono pressioni e alta probabilità che l’uso di tali composti sia in futuro eliminato dal regolamento europeo sull’agricoltura biologica.
Le soglie di danno della mosca: tolleranza zero?
Prima di affrontare le metodologie da attuare in olivicoltura da mensa biologica, è utile cercare di delimitare quali sono i livelli di dannosità sopportabili in un prodotto di grande qualità e delicato come le olive da mensa verdi.
I livelli tollerabili di difetto estetico e di consistenza della polpa (da tenere sotto controllo anche dopo la trasformazione, Catania et al. 2015) sono veramente ristretti e portano spesso a considerare una tolleranza zero nei confronti dell’attacco di mosca, non solo per i fori d’uscita, ma anche per le semplici punture d’ovideposizione. Stesse considerazioni si trovano nei lavori di ricerca e divulgativi sulle olive da mensa in California (Vossen e Kicenik Devarenne, 2006).
Questa soglia di dannosità zero è esageratamente bassa. Infatti, le punture di ovideposizione della mosca delle olive, facilmente individuabili sul frutto raccolto verde come un triangolino di tessuto ossidato color marrone (Foto 1), dopo la trasformazione, sia con il metodo sivigliano (che lascia le drupe di colore chiaro; Foto 2 e 3) che con il metodo al naturale (Foto 4), sono molto difficilmente individuabili a occhio nudo, a causa dell’ossidazione che ha interessato tutto il frutto (Caleca e Rizzo 2009).
Ovviamente quando alle punture di ovideposizione corrisponde soltanto la sottostante presenza dell’uovo o di una piccola larva (di prima e seconda età) la consistenza del frutto non è danneggiata, mentre tale danno è evidente quando è presente una larva di terza età matura, vicina quindi alla fuoriuscita dalla drupa o all’impupamento.(...)
L’articolo completo è disponibile su richiesta alla redazione di Olivo e Olio