La rogna dell’olivo è una temibilissima malattia dell’olivo che sta diventando sempre più difficile da controllare. L’utilizzo del rame, comunemente impiegato nella lotta alla rogna dell’olivo, così come in quella all’occhio di pavone, negli ultimi anni è stato oggetto di forti riduzioni.
Attualmente non è possibile eccedere 4 kg/ha di rame metallo per anno e 28 kg/ha totali nel settennio 2019-2025. Ed è prevedibile che in futuro ci saranno altre riduzioni, fino al possibile divieto di utilizzo in quanto il rame è un metallo pesante e causa diversi problemi a livello ambientale.
Così Franco Famiani, docente del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali (DSA3) dell’Università di Perugia, ha introdotto un seminario di aggiornamento su rogna dell’olivo e occhio di pavone organizzato dall’Accademia nazionale dell’olivo e dell’olio (Anoo).
Rogna dell’olivo, malattia contratta attraverso ferite
La rogna dell'olivo è un’infezione di origine batterica, causata da Pseudomonas savastanoi pv. savastanoi, diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo, ha spiegato Chiaraluce Moretti, docente del DSA3 dell’Università di Perugia.
«È una malattia che le piante contraggono attraverso ferite causate da potature, grandine, gelate, vento o dalla pratica della abbacchiatura. Si esprime con la formazione di tubercoli rotondeggianti, di diametro variabile da pochi millimetri ad alcuni centimetri, su tronco, branche e rami di diversa età. Sulle foglie e sui peduncoli si formano piccoli tubercoli solo con una dose di inoculo in campo molto elevata.
Col progredire dell’infezione i tubercoli, inizialmente, come detto, rotondeggianti, di colore chiaro e separati, diventano irregolari, ricchi di screpolature, con un aspetto crateriforme, assumono un colore scuro, perché lignificano e necrotizzano, e possono convergere a formare grandi masse irregolari».
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Gli effetti della rogna dell’olivo sulle piante
La rogna dell’olivo, se molto diffusa, provoca un deperimento generale della coltura e, alla lunga, perdite produttive.
«La gravità dei sintomi è in relazione con entità dell’infezione, età della pianta e suo stadio di sviluppo. Generalmente la presenza di molti tubercoli può determinare un deperimento generale della pianta, defogliazione e disseccamento dei rametti più attaccati, rendendo improduttiva la pianta gravemente infetta.
Se la malattia non è grave la riduzione di produzione di olive non è statisticamente significativa, né si rivelano differenze significative su peso medio delle olive e contenuto in sostanza secca. Se invece è grave e persistente si avverte una certa perdita di prodotto.
In generale la rogna non provoca variazioni per la qualità dell’olio in perossidi e polifenoli e non influisce sulle caratteristiche sensoriali. Questo però non esclude che la presenza del batterio possa influire sul metabolismo dei singoli composti che formano il profilo sensoriale dell’olio. Su piante molto infette di varietà da mensa risultano alterate le proprietà organolettiche delle drupe.
- Attacchi a giovani piante in pieno campo, che si possono verificare dopo gelate e/o grandinate, possono risultare estremamente dannosi.
- Attacchi su produzioni vivaistiche causano la non commerciabilità delle piante infette».
Lotta necessariamente preventiva
Poiché il batterio penetra attraverso ferite, la lotta alla rogna dell’olivo deve essere necessariamente preventiva, ha sottolineato Moretti. «La difesa si basa essenzialmente sull’impiego integrato di mezzi agronomici, genetici e chimici. Pertanto è consigliabile:
- impiantare nuovi oliveti in aree climaticamente non favorevoli alla malattia;
- effettuare concimazioni azotate non eccessive e bilanciate con giuste dosi di potassio e fosforo, perché una pianta adeguatamente concimata è sempre più in grado di rispondere agli attacchi di patogeni;
- utilizzare materiale di propagazione sano e certificato, secondo quanto prevede il Dm 20 novembre 2006);
- un’altra strategia da adottare è fare ricorso a varietà resistenti. Sulla base delle conoscenze attuali, fondate su dati non definitivi, resistenti sono Leccino e Carolea, moderatamente resistenti Bella di Spagna, Coratina, San Felice, poco resistenti Ascolana tenera, Cipressino, ecc., suscettibili Cellina di Nardò, Frantoio, Nociara, Ogliarola e Pendolino».
Che cosa fare in caso di infezioni in atto
In caso di infezioni in atto, ha consigliato Moretti, occorre:
- eliminare con la potatura i rami infetti o compromessi;
- eseguire la potatura in periodi asciutti, limitando i grossi tagli;
- disinfettare gli attrezzi usati per la potatura;
- evitare la formazione di microferite nel periodo autunnale;
- evitare periodi piovosi per la raccolta;
- evitare la bacchiatura delle olive;
- intervenire tempestivamente, dopo le operazioni di potatura e raccolta, con prodotti rameici o a base di Bacillus subtilis, batterio antagonista che manifesta attività antibatterica per competizione, sia per lo spazio sia per le diverse sostanze nutritive, e attivazione della resistenza della pianta.
- «Infine - ha concluso Moretti - trattamenti a base di rame (ossicloruro di rame o poltiglia bordolese) in primavera o autunno possono ridurre la popolazione del batterio, oltre a contenere quella dell’agente dell’occhio di pavone, o possono rivelarsi utili dopo un evento meteorologico come una gelata».
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