Nelle forme di allevamento in parete (o in superficie) la chioma viene sagomata secondo due direzioni principali, verso il filare e in altezza. La terza dimensione, cioè lo spessore della chioma, viene compresso e rimane nettamente inferiore alle altre due. Con questo assetto gli alberi, opportunamente distanziati sulla fila, danno origine ad un filare continuo, in cui è difficile individuare le chiome dei singoli alberi mentre prevale il concetto della parete produttiva. Quest’ultima assicura la continuità della superficie a frutto e un’elevata intercettazione della luce per tradurla in carboidrati, energia e frutti.
È solo in questi ultimi anni che le forme in parete, con notevoli modifiche rispetto alle due prima citate, vengono utilizzate per l’olivo, con il duplice obiettivo di aumentare la produzione, grazie all’aumento della densità di impianto, e la possibilità di meccanizzare la raccolta in continuo, cioè con macchine che si muovono lungo il filare senza interruzioni. Nella concezione moderna delle forme in parete prevale la semplificazione della potatura e il contenimento dei costi relativi con il risultato di forme di allevamento libere, relativamente facili da ottenere.
La parete negli oliveti superintensivi
La riscoperta delle forme in parete nasce a metà degli anni 1990 con le prime sperimentazioni di oliveti superintensivi in Spagna. In tali impianti gli alberi venivano allevati ad asse centrale con le ramificazioni principali solo nella direzione del filare (foto 1 in apertura). Durante l’allevamento venivano rimossi i rami sporgenti verso l’interfila e le cime erano via via alleggerite in modo da dare prevalenza alla crescita della freccia. I rami deboli e flessibili, o comunque di diametro inferiore a 2,0 cm, anche se orientati verso l’interfila venivano lasciati o al massimo diradati per lasciare l’asse centrale ben rivestito. Il risultato era una forma a palmetta libera, con vegetazione piuttosto folta e altezza contenuta entro i 2,60 m in modo da consentire la raccolta meccanica con macchine vendemmiatrici. Il filare veniva sostenuto da un’intelaiatura di pali rompitratta e fili che servivano per guidare la vegetazione e mantenerla entro il parallelepipedo ideale che serviva per il passaggio di macchine scavallatrici (foto 2).
Una volta che l’oliveto è entrato in produzione, anche i rami penduli nella parte inferiore della chioma, a circa 0,5 m dal suolo, devono essere rimossi per consentire l’agevole transito di macchine per la raccolta e la gestione delle infestanti. Col tempo le dimensioni delle chiome, soprattutto l’altezza, sono state aumentate visto che l’industria meccanica iniziò a produrre macchine scavallatrici specifiche per l’oliveto con un tunnel di raccolta più alto e più ampio rispetto a quello delle vendemmiatrici iniziali e i battitori disposti lungo tutta l’altezza del tunnel in modo da intercettare meglio i frutti. Oggi i sesti più comuni prevedono 3-4 di distanza tra le file e da 1,2 a 2 m sulla fila.
Una delle esigenze che si manifestò sin dagli albori dell’olivicoltura superintensiva fu di utilizzare potatrici meccaniche per ridurre i costi di potatura manuale. La potatura a mano di un elevato numero di alberi ad ettaro, infatti, vanificava in parte i risparmi conseguiti con la raccolta in continuo del filare. Inizialmente la potatura meccanica veniva utilizzata per contenere l’altezza e l’espansione laterale del filare entro le dimensioni del tunnel di raccolta della macchina. A tale scopo vengono utilizzate barre falcianti o dischi che eseguono il taglio orizzontale di cimatura/capitozzatura (topping) oppure una cimatura laterale con una leggera inclinazione rispetto alla verticale in modo da ottenere un profilo leggermente spiovente (hedging). Per evitare l’eccessivo sviluppo di succhioni nella parte alta della chioma conseguente al topping, questo intervento viene fatto nel pieno dell’estate quando le alte temperature limitano la crescita del ramo e lo schiudersi di gemme avventizie. Anche il taglio della cortina inferiore della chioma può essere meccanizzato mediante piccole barre che portano lame oscillanti con indubbi vantaggi dal punto di vista dei costi di produzione e dei tempi di esecuzione (foto 3). (...)
Leggi l’articolo completo su Olivo e Olio n. 2/2022
Dall’edicola digitale al perché abbonarsi