L’Unione europea ha varato diversi interventi per lo sviluppo dell’olivicoltura in Tunisia. Ma questi aiuti allo sviluppo della filiera possano coesistere con programmi di facilitazioni nei dazi per l’accesso dell’olio tunisino sul mercato europeo? Lo chiede il presidente nazionale di Confagricoltura Massimiliano Giansanti, sottolineando che l’interrogativo è quanto mai legittimo nella difficile situazione in cui versa attualmente il comparto, sia dal punto di vista produttivo, con rese inferiori di oltre il 30% rispetto alle medie storiche, sia da quello commerciale, con prezzi decisamente bassi delle olive e dell’olio extravergine d’oliva.
Dalla Bers aiuti all’olivicoltura della Tunisia
«La Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers) ha concesso un prestito di 6,2 milioni di euro alla Compagnie générale des industries alimentaires (Cogia) per lo sviluppo dell’olivicoltura della Tunisia. I fondi europei permetteranno alla Cogia di aumentare l’approvvigionamento, l’imbottigliamento e le esportazioni. Con quest’ultimo sono sei i progetti finanziati dalla Bers per l’olivicoltura di Tunisi dal 2017 a oggi, nell’ambito di un progetto di cooperazione allo sviluppo effettuato in collaborazione con la Food and agriculture organization (Fao), l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura».
Aiuti Ue allo sviluppo coesistono con dazi agevolati?
L’Ue ha la leadership mondiale come sostegni ai Paesi meno avanzati. In quest’ottica rientrano pure gli interventi per lo sviluppo dell’olivicoltura in Tunisia, che è già tra i cinque maggiori produttori di olio d’oliva a livello globale, con una stima di produzione per la prossima campagna di 240.000 tonnellate (in aumento di circa 100.000 tonnellate rispetto alla precedente).
«Non è in discussione il programma di sostegni all’olivicoltura della Tunisia, così come gli altri interventi dell’Ue verso i Paesi meno avanzati – osserva Giansanti –. Comprendiamo la necessità dell’Ue di essere vicina a un Paese, come la Tunisia, indebolito da atti terroristici e con instabilità politica ed economica, dovuta a eventi interni. C’è però da chiedersi se gli incentivi allo sviluppo della filiera possano coesistere con programmi di facilitazioni nei dazi per l’accesso dell’olio tunisino sul mercato europeo».
Sostegni a Tunisia in tempo difficile per comparto italiano
La notizia dei sostegni alla Tunisia, rileva Giansanti, «giunge in un periodo che vede in difficoltà i produttori di diverse aree vocate all’olivicoltura del nostro Paese, come la Puglia e la Calabria, alle prese con rese produttive fortemente influenzate dall’andamento climatico e con un mercato attendista caratterizzato da prezzi bassi. A preoccupare i produttori c’è anche la nuova Pac che, per il comparto olivicolo, prevede un consistente taglio dei pagamenti comunitari oggi destinati ai produttori e regole stringenti per l’accesso ai fondi per i programmi operativi».
Un interrogativo condiviso da Unaprol
L’interrogativo posto dal presidente di Confagricoltura viene espresso anche dal presidente dell’Unaprol, David Granieri. «Il sostegno europeo di 6,2 milioni di euro all’olivicoltura tunisina è l’ennesimo schiaffo ai produttori olivicoli italiani che combattono da anni, a mani nude, contro concorrenza sleale e prezzi bassi che svalutano il prodotto Made in Italy di qualità. Nel 2020 l’Italia ha importato dalla Tunisia 74mila tonnellate di olio per un valore complessivo di 138 milioni di euro, in deciso aumento rispetto al 2019 sia per quantità (+57%), sia per valore (+27%). È paradossale come l’Ue investa in settori strategici in Paesi concorrenti piuttosto che aiutare le filiere dei suoi Paesi fondatori».
Criteri di tracciabilità e trasparenza uguali per tutti
Per Granieri «la priorità dovrebbe essere data alla ricerca e alla ricostruzione del Salento distrutto dalla Xylella, batterio entrato in Italia per colpa delle falle nei controlli proprio delle autorità europee. Ci auguriamo che l’Ue sia solerte anche nell’erogare investimenti per l’olivicoltura italiana e, soprattutto, nel pretendere da Paesi come la Tunisia, gli stessi criteri di trasparenza e tracciabilità che contraddistinguono il lavoro dei produttori del nostro Paese. Per questa ragione chiediamo l’introduzione del Sian europeo per controllare tutti gli oli che provengono dall’estero, che devono sottostare alle nostre regole, cioè alle stesse rispettate ogni giorno dagli olivicoltori italiani».