Costi di produzione, pesano gli aumenti

costi di produzione
Una tendenza cominciata nel 2021 e inaspritasi con la crisi internazionale. I costi per l’olivicoltura sono saliti del 15% dallo scorso anno, dovuti soprattutto all’incremento del prezzo di carburanti, fertilizzanti e fitofarmaci

L’analisi dei costi di produzione diventa sempre più importante per avere delle indicazioni più solide sulla redditività delle aziende nei vari comparti. E il settore olivicolo non fa eccezione.

C’è carenza di informazioni sulla struttura dei costi, peraltro di difficile definizione proprio per la grande diversità delle aziende olivicole e dei numerosi modelli produttivi presenti nel panorama olivicolo nazionale. Già in uno studio presentato lo scorso anno, Ismea nell’ambito dell’attività della rete Rurale nazionale, aveva evidenziato che i fattori che maggiormente incidono sulla redditività delle aziende olivicole sono:

  • la localizzazione geografica,
  • le caratteristiche orografiche del territorio,
  • la tipologia di prodotto venduto
  • e la capacità manageriale.

A questo vanno aggiunti i fattori climatici che influenzano le rese per cui diventa importante capire l’anno di carica e scarica.

L’indagine, svolta due anni fa su un campione di 50 aziende, aveva messo in evidenza la forte incidenza della manodopera che andava da un 37% delle aziende meccanizzate ad oltre il 50% di quelle parzialmente meccanizzate. A queste si aggiungeva un 8% dell’energia e un 9% tra concimi e fitofarmaci.

Ma indentificare la struttura dei costi non è sufficiente soprattutto alla luce delle dinamiche dei prezzi dei mezzi produttivi in atto da alcuni mesi. Per molto tempo, infatti, si era assistito a una sostanziale stabilità dei fattori produttivi e questo aveva un po’ spostato quasi tutta l’attenzione sui prezzi di vendita dei prodotti.

L’impatto della guerra

Proprio sul finire del 2021, infatti, tutti i settori produttivi hanno dovuto fare i conti con una congiuntura negativa che ha superato qualsiasi pessimistica aspettativa. Lo scenario per il 2022 si è poi drammaticamente aggravato con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. La messa fuori uso dei porti sul Mar Nero, le tensioni politiche e le sanzioni comminate alla Russia hanno ulteriormente destabilizzato il mercato delle commodity agricole e degli input produttivi come petrolio, gas e fertilizzanti, nonché fenomeni speculativi che in tutte queste incertezze hanno trovato un florido terreno di coltura.

Ed ecco che i costi sono tornati prepotentemente a far parlare di sé e Ismea, che già da tempo monitora l’impatto della crisi internazionale dei prezzi sulle singole voci di spesa nel settore primario nazionale, ha realizzato uno studio ad hoc proprio per evidenziarne la portata.

L’aumento dei costi ha coinvolto tutte le filiere e, nell’ambito delle stesse filiere, tutti gli anelli di cui sono composte: dalla produzione dei mezzi tecnici al consumatore finale, cui peraltro una quota importante del proprio reddito è stata “distratta” verso il pagamento degli incrementi notevoli di spese prioritarie come le bollette e il pieno dell’auto, proprio mentre l’inflazione è andata a interessare gran parte dei beni alimentari.

Quella della estrema diffusione orizzontale e verticale dell’incremento dei costi non è una particolarità da poco perché limita i margini di manovra sia per gli operatori sia per la politica e al di là di interventi orientati prevalentemente a tamponare le emergenze più evidenti è davvero difficile individuare soluzioni, anche per l’incertezza delle traiettorie future.

Quanto sono aumentati i costi

Restando sempre sul generale, dopo il calo dei prezzi dei mezzi correnti del 2020 nel 2021 si è avuto un rimbalzo molto evidente.

  • Il prezzo del petrolio (Brent) è cresciuto del 67% rispetto al 2020, portandosi a 69 dollari al barile, ancora ben lontano dal massimo del periodo 2008-2021 di 105 dollari, raggiunto nel 2012;
  • ma soprattutto si è registrata una vera e propria esplosione del prezzo del gas naturale quotato in Europa, con una crescita del 397%.
  • La crescita dell’indice internazionale del prezzo del gas naturale ha impattato a sua volta fortemente sul prezzo dei fertilizzanti, essendone il gas una componente produttiva.

A fronte di tale dinamica l’indice Ismea dei prezzi dei fattori produttivi agricoli aveva chiuso il 2021 con un +6% su base annua. Ma il peggio doveva ancora venire e nel primo trimestre 2022 i costi agricoli sono lievitati di oltre il 18%.

Per l’aggregato delle colture vegetali si registra nel primo trimestre 2022 un aggravio dei costi sostenuti dagli agricoltori del 21% su base annua (dopo il + 6% del 2021).

I rincari, guidati dagli incrementi record dell’energia (+50,6%) e dei fertilizzanti (+36,2%), hanno investito tutti i settori seppur con intensità differente a seconda della combinazione dei fattori produttivi, risultando più accentuati nel caso delle coltivazioni industriali, dei semi oleosi e delle colture cerealicole, anche se il contestuale aumento dei prezzi di vendita ha protetto, almeno fino ad ora, le marginalità.

Oleaginose e olivo

Scendendo nel dettaglio del settore oleario, tenendo conto della fase agricola, si evidenziano per il settore semi incrementi superiori alla media delle coltivazioni nel complesso, oleaginose e mais, mentre i costi per l’olivicoltura da olio restano sotto la media sebbene il +15% rispetto al primo trimestre 2021 non è certo rassicurante (grafico 1).

L’indice relativo alle oleaginose segna mediamente un +26% che declinato sul girasole segna un +32%, mentre il mais si “ferma” a +22%.

Sotto la media del comparto coltivazioni, come detto, l’indice dei mezzi correnti per l’olivicoltura da olio anche per la struttura dei costi che la caratterizza. Infatti,

  • i costi della manodopera - i salari, per intenderci - che occupano una quota importante del costo totale, sono aumentati nel primo trimestre 2022 dell’1%,
  • mentre i prodotti energetici hanno avuto un’impennata del 50%
  • e i fertilizzanti e fitosanitari sono cresciuti rispettivamente del 36 e 14% (grafico 2).

La situazione costi, peraltro, non si limita alla fase agricola ma si inasprisce nelle fasi a valle con le problematiche relative

  • al reperimento del vetro e di tutto ciò che attiene al packaging
  • e alla logistica legata ai trasporti.

Ed è proprio in una situazione come questa che diventa ancora più è importante capire quali siano le sensazioni degli operatori lungo tutta la filiera. Al fine di indagare gli impatti sull’intera filiera, dei rincari e delle difficoltà di approvvigionamento che le aziende stanno fronteggiando, Ismea ha condotto nel mese di aprile un’indagine su un campione di 795 aziende del settore primario e 586 imprese di prima e seconda trasformazione alimentare, in occasione della consueta rilevazione trimestrale del clima di fiducia presso i due panel. Il risultato più evidente è un brusco calo della fiducia degli operatori, con un pessimismo più marcato da parte delle aziende agricole rispetto alle industrie. Il calo di fiducia è trasversale a tutti i settori, il livello è molto negativo per i settori zootecnici (carne e latte), i seminativi e proprio l’olio d’oliva.

Al di là di tutte le difficoltà esposte c’è la consapevolezza da parte degli operatori che tutto questo aumento dei costi difficilmente potrà essere traslato a valle della filiera perché i consumatori già ora stanno vedendo eroso il proprio potere di acquisto.


Leggi l’articolo su Olivo e Olio n. 4/2022

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Costi di produzione, pesano gli aumenti - Ultima modifica: 2022-07-14T13:37:22+02:00 da Barbara Gamberini

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